Il Codice delle crisi (DLgs. 14/2019), diversamente dalla legge fallimentare (RD 267/42), non contempla un divieto espresso di presentazione di una nuova domanda di concordato in bianco all’esito della mancata ammissione di una precedente istanza, anche se per analoga procedura.
Solo all’art. 161 comma 9 del RD 267/42 (“Legge Fallimentare) è, infatti, sancita l’inammissibilità della domanda c.d. prenotativa di concordato “quando il debitore, nei due anni precedenti, ha presentato altra domanda [in bianco] alla quale non abbia fatto seguito l’ammissione alla procedura”.
Stante il silenzio del Codice della crisi, quindi, in applicazione del principio generale “ubi lex volui dixit, ubi noluit tacuit”, la riproposizione di una domanda ex artt. 40 e 44 del DLgs. 14/2019, secondo il tribunale, deve ritenersi ammissibile senza limiti temporali, purché ciò non si traduca in un abuso dello strumento concordatario (Trib. Brescia 1° febbraio 2024).
Di questo avviso, in particolare, anche il Tribunale di Torre Annunziata del 12 giugno 2025, stabilendo che è ammissibile la riproposizione di una domanda di concordato cd. in bianco all’esito della rinuncia ad una precedente domanda, previa verifica dell’insussistenza di un abusivo utilizzo degli strumenti di regolamentazione della crisi da parte del debitore.
In senso contrario, tuttavia, alcuni giudici di merito ritengono inammissibile la domanda di accesso ad un concordato preventivo che sia stata riunita ad una analoga precedente istanza confluita in un procedimento incentrato su domanda di apertura della liquidazione giudiziale; ciò in quanto l’eventuale possibilità per il debitore di proporre nuove domande, eventualmente previa rinuncia di quelle precedenti inammissibili, avrebbe l’effetto di impedire la possibilità di arrivare ad una pronuncia liquidatoria (Trib. Lucca 19 ottobre 2023).
Questo indirizzo, tuttavia, secondo il Tribunale di Torre Annunziata, non esprime un principio assoluto, né sancisce inderogabilmente l’inammissibilità della nuova domanda, ancorandone l’applicazione a specifiche ipotesi (come quella in cui ai rilievi giudiziali sulla ammissibilità della precedente istanza non abbia fatto seguito alcuna necessaria integrazione del piano o della produzione documentale) che rappresentano tipici abusi del diritto e del processo.
Secondo il Tribunale, ad esempio, è possibile che la ripresentazione della domanda di concordato, ove ammessa “sine die” e all’infinito, rappresenti in tale ipotesi una sostanziale ed ingiustificata paralisi delle richieste liquidatorie e del relativo scrutinio, ma è anche altrettanto possibile ritenere che, quando il debitore ha ripresentato la domanda per un numero di volte comunque contenuto e limitato, non possa configurarsi un contegno processuale abusivo. Quest’ultimo può dirsi esistente solo ove assunto in modo continuativo, reiterato e con ripetizione smisurata.