La liquidazione controllata, introdotta nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), si rende possibile per i creditori quando sussiste una prospettiva di utilità ragionevole nel senso che vi sia un patrimonio del debitore suscettibile di essere liquidato e distribuito ai creditori, anche se tale patrimonio si manifesta solo in prospettiva futura o attraverso beni che pervengono al debitore nei tre anni successivi all’apertura della procedura.
Sul tema si registra l’interessante provvedimento del Tribunale di Torino, in data 13 febbraio 2025. Con tale provvedimento il Tribunale ha rigettato un ricorso, depositato da un debitore persona fisica, per la dichiarazione di apertura, nei suoi confronti, della liquidazione controllata del sovraindebitato ai sensi degli artt. 268 e ss. del CCII, non essendo apparso ragionevolmente probabile, sulla scorta della pre-istruttoria esperita, che dalla procedura si sarebbe ricavato un attivo tale da offrire una qualche utilità ai creditori.
Preliminarmente, ripercorrendo la fattispecie sotto un profilo fattuale, il ricorrente rilevava che pur in assenza di beni immobili e beni mobili registrati, vi sarebbe stata la possibilità di distribuire attivo in favore dei creditori sulla base delle (sole) somme che, ipoteticamente, sarebbero mensilmente residuate da quanto percepito dal ricorrente, a titolo di retribuzione, detratto il necessario al mantenimento.
Il decreto del Tribunale ha il pregio di soffermarsi proprio su detto delicato aspetto, ovverosia sulla valutazione circa la sussistenza del requisito dell’utilità per i creditori, affermando i seguenti principi di carattere generale.
In primo luogo, il Tribunale, nella propria summenzionata valutazione, non può limitarsi a prendere atto dell’esistenza dell’attestazione dell’OCC di cui agli artt. 268 comma 3 quarto periodo e 269 comma 2 del CCII, ma conserva un sindacato in relazione al contenuto di questa, di tal che occorre che “ne vagli la completezza, la razionalità, la sufficienza e la correttezza dell’iter logico-motivazionale seguito”.
In secondo luogo, allorché, come nel caso di specie, l’unico attivo ricavabile dalla procedura liquidatoria consista nella sola quota di reddito non necessaria al mantenimento del debitore, occorre che il Tribunale attentamente vagli l’effettiva congruità di quanto indicato e documentato dal debitore in ordine al proprio mantenimento. In tal guisa, si ritiene utile operare un raffronto tra quanto indicato dal ricorrente rispetto alla spesa mediana – rappresentante un “dato di normalità” – indicata dall’ISTAT per l’ultimo anno di riferimento per un nucleo familiare analogo a quello del debitore istante, nonché rispetto alla soglia di povertà assoluta, sempre indicata dall’ISTAT, relativa ad un nucleo familiare analogo a quello del debitore, indice che “rappresenta il valore monetario, a prezzi correnti, del paniere di beni e servizi considerati essenziali per ciascuna famiglia per evitare gravi forme di esclusione sociale nel contesto di riferimento”.
In terzo luogo, occorre altresì precisare come nulla osti a che il debitore, considerata la propria specifica situazione, possa discostarsi dal dato indicato dall’ISTAT relativamente alla spesa mediana; tuttavia, vien al contempo ben evidenziato come “tanto maggiore sarà il discostamento da tale dato di normalità, quanto più occorrerà che il debitore intensifichi il proprio onere motivazionale e la documentazione a supporto”.