ll Tribunale di Bari, nell’ordinanza n. 1981/2025, ha fornito prime importanti precisazioni sulla nuova disciplina della responsabilità dei sindaci (art 2407 c.c. come inserito, dal 12 aprile 2025, dalla L. 3572025).
Innanzitutto, con riguardo all’interpretazione della nuova previsione si conferma l’indicazione della prevalente dottrina secondo la quale il compenso annuo del sindaco, cui correlare i limiti della responsabilità risarcitoria, è da intendere non quale compenso “percepito”, ma solo come “riconosciuto” e, in particolare, come importo “netto” deliberato dall’assemblea.
Inoltre, un’altro importante principio è che i nuovi limiti vanno riferiti a ogni singolo evento dannoso causato dal sindaco, nel senso che l’indicazione del tetto massimo non riguarda cumulativamente tutte le condotte dannose, bensì, a prescindere dalle singole annualità, ciascuna delle condotte dalle quali derivi un danno.
Nella vicenda processuale trattata dall’ordinanza in questione, va precisato come il calcolo risenta dei limiti della fase cautelare e del fatto di avere acquisito certezza dell’entità dei soli compensi del presidente del Collegio sindacale (3.900 euro lordi fino al 2019 e 2.900 euro lordi dal 2020) – si prende “approssimativamente” come base di riferimento (netta) per la determinazione del debito risarcitorio dei tre sindaci:
– l’importo di 3.000 euro in relazione sia al “danno generico” da illecita prosecuzione dell’attività sociale che al “danno ulteriore” da indebiti rimborsi di finanziamenti alle mogli di ex soci, poiché l’omessa vigilanza si era, in tali casi, concretizzata prima del 2019;
– l’importo di 2.000 euro in relazione ad altro “danno ulteriore” da diverso indebito rimborso, rispetto al quale l’omesso controllo risultava successivo al 2019.
Di conseguenza, utilizzandosi il multiplo di 15, previsto per i compensi fino a 10.000 euro, i tre sindaci sono chiamati a rispondere ciascuno per 120.000 euro: ossia 90.000 euro (15 x 3.000 x 2) più 30.000 euro (15 x 2.000).
Il giudice, inoltre, si sofferma sulla applicabilità retroattiva della nuova disciplina distinguendo tra limiti massimi del risarcimento e decorrenza dei termini di prescrizione.
L’ordinanza riconosce applicabilità retroattiva anche ai fatti pregressi, pur in assenza di una previsione di diritto intertemporale. Si tratterebbe, infatti, di norma lato sensu procedimentale, poiché si limita a indicare al giudice un criterio di quantificazione del danno (tetto massimo), senza che tale interpretazione incida sulla permanenza del diritto stesso al risarcimento, limitando solo il quantum rispetto ai soggetti comunque responsabili in solido con gli amministratori (cfr. Cass. mm. 5225 e 8069 del 2024, con riguardo al criterio equitativo di risarcimento del danno ai sensi del nuovo art 2486 c.c.).
Di contro, si schiera autorevole dottrina, secondo la quale la norma sarebbe innovativa quanto ai criteri di determinazione del pregiudizio e, applicata retroattivamente, violerebbe l’affidamento del soggetto danneggiato e attore in responsabilità a ottenere l’integrale risarcimento.
La nuova disciplina sulla decorrenza della prescrizione, invece, si applica soltanto alle condotte successive al 12 aprile e, quindi, “a partire dai bilanci dell’esercizio 2024”. Infatti, la norma sulla prescrizione disciplina un istituto di diritto sostanziale e non è stata prevista dal legislatore alcuna disposizione che preveda l’applicabilità della nuova normativa ai giudizi pendenti.