Il tuo contratto di lavoro prevede che, cessato il rapporto di lavoro nella tua azienda, tu non possa lavorare nel medesimo settore per un certo periodo di tempo? Oppure che tu non possa divulgare informazioni apprese durante l’attività lavorativa? In questi casi siamo di fronte ad un patto di non concorrenza.
Il patto di non concorrenza
Il patto di non concorrenza è un accordo stipulato tra datore e lavoratore, con cui l’azienda vieta al dipendente, una volta cessato il rapporto di lavoro, la divulgazione di informazioni apprese durante rapporto di lavoro, oppure lo svolgimento di attività lavorativa presso altre imprese concorrenti.
Oggetto del patto di non concorrenza sono, dunque, il divieto di svolgere determinate attività e di divulgare informazioni. È bene precisare che l’oggetto del patto di non concorrenza può andare anche oltre le mansioni precedentemente svolte dal lavoratore e riguardare qualunque tipo di attività potenzialmente concorrenziale, pregiudizievole per l’impresa.
Deve essere stipulato in forma scritta, a pena di nullità, e può essere indicato nel contratto del dipendente come clausola o con atto separato.
I limiti al patto di non concorrenza
Esso non può eccedere i cinque anni per i dirigenti e i tre anni per gli altri lavoratori. Qualora venga stipulata una durata maggiore, essa si considera come non apposta.
Con riguardo, invece, ai limiti territoriali di efficacia del patto di non concorrenza, nulla è previsto dalla legge, ritenendosi evidentemente questo elemento non rilevante.
La remunerazione
Affinché il patto di non concorrenza sia valido, è indispensabile che preveda un corrispettivo in favore del lavoratore per la limitazione della sua futura attività lavorativa, come corripsettivo per i suoi futuri mancati guadagni.
La tassazione del patto di non concorrenza
Le somme corrisposte a titolo di indennità derivante da patto di non concorrenza sono sottoposte a diverso regime di tassazione, a seconda che siano pagate ratealmente, unitamente alla retribuzione, oppure in soluzione unica alla cessazione del rapporto.
Nel primo caso, esse saranno sottoposte a tassazione ordinaria, secondo le aliquote ordinarie progressive Irpef, esattamente come lo stipendio e su tali somme dovranno altresì essere versati i contributi previdenziali.
Diversamente, se corrisposte in soluzione unica alla cessazione del rapporto di lavoro, tali somme saranno sottoposte a tassazione separata, analogamente al TFR.
Come evitare il patto di non concorrenza
Il patto di non concorrenza non si scioglie per altri motivi diversi dall comune volontà delle parti, datore e lavoratore (mutuo consenso). Non è possibile recedere unilateralmente.
Violazione del patto di non concorrenza
La violazione del patto di non concorrenza da parte del dipendente costituisce inadempimento contrattuale e legittima l’azienda a richiedere la risoluzione del patto e il risarcimento del danno per responsabilità contrattuale.