Il Tribunale di Catania, nella sentenza n. 3376/2023, nel contesto di una opposizione a decreto ingiuntivo azionata da una società contro la richiesta di pagamento dei compensi da parte di un suo sindaco, fornisce importanti precisazioni in materia di ineleggibilità e decadenza dei componenti dell’organo di controllo.
Si osserva, in primo luogo, come l’esistenza, al momento dell’accettazione dell’incarico di sindaco, di un rapporto di consulenza e assistenza retribuito, non saltuario né occasionale, con la stessa società e con altre società del gruppo, sia esso svolto personalmente che attraverso una società di servizi di cui il soggetto sia socio di maggioranza e amministratore, comprometta il connotato di indipendenza che intrinsecamente e necessariamente deve caratterizzare lo status del controllore ai fini dell’esercizio della funzione che gli spetta.
Sul punto si è soffermata la giurisprudenza di legittimità, che evidenzia la necessità di un rapporto continuativo di prestazione d’opera retribuita. Si evidenzia, quindi, come chi svolga in modo continuativo prestazioni di consulenza in favore della società che deve essere controllata si trovi in una situazione che compromette in radice la sua imparzialità e indipendenza.(Cassazione n.9392/2015 e 29406/2022)
La ratio sottesa alla causa di ineleggibilità risiede, infatti, nell’esigenza di garantire l’indipendenza di colui che è incaricato delle funzioni di controllo, così che la compromissione dell’indipendenza del sindaco sussiste non solo quando il controllore sia direttamente implicato nell’attività sulla quale dovrebbe esercitare il controllo, ma anche quando l’attività di consulenza sia prestata da un socio o collaboratore dello studio di cui faccia parte il sindaco (cfr. Cass. n. 9392/2015).
Quest’ultima decisione, peraltro, ha stabilito che il professionista socio di uno studio associato che presta consulenza a una società può esserne eletto sindaco a condizione che i suoi ricavi indiretti, provenienti dalla consulenza prestata tramite i colleghi di studio, siano inferiori ai compensi percepiti dallo stesso in qualità di sindaco.
La più recente Cassazione n. 29406/2022, invece, dopo aver affermato che l’espressione “altri rapporti patrimoniali che ne compromettano l’indipendenza”, nella sua indeterminatezza, affida al prudente apprezzamento del giudice di merito l’individuazione del criterio da seguire nella concreta fattispecie sottoposta al suo esame, rileva come, nel caso di specie, i giudici di merito avessero individuato tale criterio – con scelta condivisibile – nella mera “percentuale dei compensi” ricavabili dall’attività di consulenza svolta tramite lo studio in favore della società e spettante al sindaco.
Sembra, cioè, porsi in secondo piano il criterio (applicato da Cass. n. 9392/2015) fondato sull’attesa, dal rapporto di consulenza dell’associato, di un ritorno economico personale superiore a quello che derivi dall’incarico sindacale.
Circostanza che sembra rilevata anche dai giudici catanesi, i quali osservano come la Cassazione, con la decisione n. 29406/2022, avrebbe preso le distanze dalla necessità di verificare l’incidenza dei compensi per l’attività di consulenza rispetto ai ricavi per la complessiva attività del sindaco.
L’ineleggibilità del sindaco, in ogni caso, determina la nullità della relativa nomina e, quindi, non solo la decadenza automatica, senza che sia necessario un procedimento accertativo formalizzato, ma anche la perdita del diritto al relativo compenso (cfr. Cass. n.19024/2023)
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