Incerta la retroattività della responsabilità civile dei sindaci
La modifica all’articolo 2407, comma 2, del Codice Civile ha limitato fortemente la responsabilità civile dei sindaci, figure chiave nel sistema di controllo interno delle società. Tradizionalmente, la norma prevedeva una responsabilità solidale e illimitata per i componenti del collegio sindacale. Questo significava che, in caso di danni imputabili a negligenza o violazione dei loro doveri, i sindaci potevano essere chiamati a rispondere con l’intero loro patrimonio, senza un limite predefinito.
La modifica è stata introdotta dall’articolo 37 del decreto Semplificazioni, che ha stabilito che il risarcimento dei danni a carico dei componenti del collegio sindacale non può complessivamente superare un multiplo del compenso annuo percepito.
La Riforma limita la responsabilità dei sindaci a un multiplo del compenso annuo percepito secondo tre fasce:
- per compensi fino a 10.000 euro, il risarcimento massimo è pari a quindici volte il compenso.
- per i compensi tra 10.000 e 50.000 euro, il risarcimento massimo pari a dodici volte il compenso.
- per i compensi superiori a 50.000 euro, il risarcimento massimo pari a dieci volte il compenso.
Il Tribunale di Bari ammette la retroattività
In realtà, ancora parecchio dibattuta è la questione della retroattività della norma sulla responsabilità dei sindaci. In linea generale, il principio fondamentale nel nostro ordinamento è quello dell’irretroattività della legge (Art. 11 delle Preleggi), per cui la legge non dispone che per l’avvenire. Questo significa che, di norma, una nuova legge si applica solo ai fatti che si verificano dopo la sua entrata in vigore.
Si ricorda, tutatvia, che il Tribunale di Bari, nell’ordinanza 24 aprile 2025, ha dettato alcuni innovativi principi in materia di responsabilità civile dei sindaci:
– il compenso annuo del sindaco, cui correlare i limiti della responsabilità (solidale) risarcitoria, è da intendere non quale compenso “percepito”, ma come importo “netto” deliberato dall’assemblea;
-i nuovi limiti di risarcimento vanno riferiti a ogni singolo evento dannoso causato dal sindaco;
-la nuova disciplina relativa ai limiti massimi del risarcimento è applicabile anche ai fatti pregressi pur in assenza di una previsione di diritto intertemporale;
-la nuova disciplina sulla decorrenza della prescrizione, invece, si applica alle sole condotte successive al 12 aprile 2025;
Non tutte le sentenze sono favorevoli alla retroattività
Limitazione al danno ai sindaci senza efficacia retroattiva. È quanto recentemente affermato dal tribunale di Roma, che si pone sulla stessa scia del Tribunale di Venezia.
Di avviso opposto, tuttavia, i giudici di Bari e Palermo. A meno di sei mesi dall’entrata in vigore del nuovo comma 2 dell’art. 2407 c.c., modificato dalla legge n. 35/2025, il massimale, fino a 15 volte il compenso annuo, ha già spaccato la giurisprudenza: Bari e Palermo lo applicano subito, Roma e Venezia no.
Niente retroattività per il nuovo termine di prescrizione
Nessuna retroattività in relazione ai nuovi termini prescrizionali di cui al comma 4 dell’art. 2407 c.c., e valenza dei nuovi termini solo ai fini dell’azione sociale di responsabilità. Sono queste le prime posizioni assunte dalla giurisprudenza di merito in relazione ai nuovi termini di decorrenza relativi all’azione di responsabilità nei confronti dei sindaci. L’art. 2407 comma 4 c.c. prevede un limite temporale di cinque anni per l’esercizio dell’azione risarcitoria nei confronti dei membri del Collegio sindacale, che decorre dal deposito della relazione dei sindaci ex art. 2429 c.c., allegata al bilancio dell’esercizio in cui si è verificato il danno.
Bancarotta fraudolenta: condanna dei sindaci solo per dolo
Sindaci srl condannati soltanto per dolo. Affinché il “controllore” della società sia ritenuto anche anch’egli colpevole di bancarotta fraudolenta con gli amministratori, è necessario che da parte sua sussista il dolo, anche eventuale, nel senso che il professionista deve essere consapevole del delitto compiuto dagli organi di gestione e ne accetta il rischio come possibile prezzo di un risultato desiderato. Scatta dunque lo stop per la condanna a carico del commercialista non si dimostra il nesso causale tra la sua condotta omissiva e il reato fallimentare commesso dai vertici della società: il componente del collegio, infatti, risulta responsabile penalmente soltanto se aveva l’obbligo giuridico d’impedire il reato altrui e non l’ha fatto, laddove avrebbe dovuto esercitare i suoi poteri impeditivi, diretti o indiretti. Così la Corte di cassazione penale, sez. quinta, nella sentenza n. 23175 del 20/6/2025