Un recente intervento del Governo ha abolito lo slittamento Covid per gli accertamenti in corso, che riaprivano per 85 giorni le contestazioni a carico dei contribuenti
Nel contesto della situazione pandemica, Governo e legislatore avevano introdotto regole ad hoc il cui scopo principale era quello di mettere in “stand-by” le attività impositive e quelle di riscossione, per evitare ai contribuenti di incorrere in pericolose decadenze, con conseguenze, anche sul piano di aggravi di sanzioni, dalle quali, con ogni probabilità, non sarebbero stati mai più in grado di districarsi.
Il primo di questi strumenti è stato il D.L. 18/2020, il cosiddetto decreto “Cura Italia”. In particolare, all’art. 67, era stata prevista la sospensione per 85 giorni (dall’8 marzo al 31 maggio 2020) di tutti i termini relativi alle attività di liquidazione, controllo e accertamento.
La norma generò numerosi dibattiti giurisprudenziali circa la sua concreta portata applicativa. Il dibattito riguardò essenzialmente su un quesito centrale: la proroga si sarebbe dovuta applicare solo agli atti in scadenza nel 2020 o anche a quelli i cui termini erano in corso ma non ancora scaduti?
Sul punto intervenne la Corte di Cassazione, che fornì una risposta definitiva alla questione, stabilendo che la proroga si applicava non solo agli accertamenti in scadenza nel 2020 ma anche a quelli relativi a termini di prescrizione e decadenza in corso nel 2020, ma con scadenza successiva. La pronuncia della Cassazione ampliò quindi il margine temporale a disposizione dell’Agenzia delle Entrate per notificare avvisi di accertamento, con impatti rilevanti per i contribuenti. La giurisprudenza tributaria non aveva offerto infatti un orientamento univoco sull’applicabilità della sospensione. Sentenze come quelle del C.G.T. di Torino e Prato avevano escluso l’estensione della proroga agli anni successivi al 2020, mentre altre, come la pronuncia del C.G.T. di Taranto, avevano riconosciuto la legittimità di applicare la proroga a tutte le annualità in corso nel 2020.
Ma adesso un nuovo intervento del Governo, che, con la “bozza” del decreto legislativo correttivo in materia di CPB e adempimenti tributari, approvato ieri dal Consiglio dei Ministri in via definitiva, interviene con una norma di questo tenore: “A decorrere dal 31 dicembre 2025, la sospensione dei termini di cui all’articolo 67, comma 1, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, non si applica agli atti recanti una pretesa impositiva, autonomamente impugnabili dinanzi agli organi della giurisdizione tributaria, emessi dall’Agenzia delle entrate” Dunque, con tale norma è stata abolita la sospensione di 85 giorni per gli atti impositivi a partire dal 31 dicembre 2025.