L’apertura della liquidazione giudiziale richiede, ai sensi dell’art. 121 del DLgs. 14/2019, l’accertamento in capo al debitore di determinati requisiti soggettivi e oggettivi: deve sussistere, rispettivamente, la natura di imprenditore commerciale non minore (art. 2 comma 1 lett. d) del DLgs. 14/2019) e lo stato di insolvenza. Quale ulteriore requisito di procedibilità è richiesto che si rilevi l’esistenza di un ammontare di debiti scaduti e non pagati, risultanti dagli atti dell’istruttoria, complessivamente non inferiore a 30.000 euro (art. 49 comma 5 del DLgs. 14/2019). Tale limite, già previsto dalla Legge Fallimentare, è sopravvissuto anche nel nuovo Codice della Crisi d’impresa.
Ma quando, secondo gli orientamenti giurisprudenziali, si verifica l’insolvenza atta a far scattare la liquidazione giudiziale?
Ai sensi dell’art. 2 comma 1 lett. b) del DLgs. 14/2019 il debitore è insolvente quando non è più in grado di far fronte regolarmente alle proprie obbligazioni e ciò si manifesta con inadempimenti o altri fatti esteriori. Dunque, solo un inadempimento non occasionale costituisce presupposto per l’apertura della liquidazione giudiziale
In tal senso si è espresso il Tribunale di Milano con la sentenza n. 266 del 9 aprile 2025.
La verifica della “regolarità” pone la necessità di una valutazione, anche in termini prospettici, che l’impresa possa continuare a svolgere la propria attività, realizzando cash flow che le consentano di adempiere agli impegni assunti. È necessario, infatti, che lo stato di impotenza non sia transitorio dovendo escludere l’insolvenza se, diversamente, il debitore è in grado di recuperare la propria capacità ad adempiere in un ragionevole lasso temporale (Trib. Larino 9 maggio 2024).
L’incapacità ad adempiere può desumersi dal ricorrere di diversi indizi e indicatori, anche non necessariamente in concorso tra di loro: le perdite di esercizio maturate nell’anno precedente all’apertura della procedura, la pesante situazione debitoria, l’inesistenza di liquidità ed anche il mancato adempimento di debiti di modesto importo (Trib. Milano 9 aprile 2025).
Secondo i giudici, inoltre, rileva anche il mancato pagamento del creditore istante, piuttosto che il reiterato mancato deposito dei bilanci e la mancata produzione di documentazione contabile aggiornata.
Ulteriori indizi possono desumersi dall’assenza di beni utilmente pignorabili, dalla significativa riduzione del personale dipendente, dall’impossibilità di portare a termine le commesse in essere per carenza della struttura operativa (App. Firenze 18 marzo 2025) e/o in ragione della difficoltà a reperire ed acquistare le risorse necessarie (Trib. Gela 7 aprile 2025)
Ciò non esclude che lo stato di insolvenza non occasionale possa desumersi anche dall’inadempimento di una singola obbligazione, tuttavia sufficiente a indicare lo stato di illiquidità dell’impresa (App. Roma 5 aprile 2025). Analogamente, l’assenza di procedure esecutive nei confronti del debitore non è sufficiente a escludere la carenza di liquidità e, dunque, lo stato di decozione (Trib. Terni 8 marzo 2024)
Il rapporto tra le attività e le passività, invece, non assume rilevanza se non per le società in liquidazione (App. Firenze 18 marzo 2025), posto che la valutazione del giudice è diretta ad accertare, in via esclusiva, che gli elementi attivi del patrimonio assicurino l’eguale e integrale soddisfacimento della pretesa creditoria, tenendo conto delle concrete possibilità di realizzo oltre che della relativa tempistica (Trib. Siracusa 17 novembre 2020).