Nell’ambito della composizione negoziata della crisi, il debitore può accedere alle misure protettive e cautelari ex artt. 18 e 19 del DLgs. 14/2019 ove queste siano funzionali a consentire l’avvio e la persecuzione delle trattative con le parti interessate.
La conferma delle misure richiede il necessario bilanciamento tra la concreta possibilità di risanamento dell’impresa, come prospettata dal debitore, e la tutela dei diritti e delle aspettative dei creditori, evitando di imporre loro sacrifici ovvero pregiudizi sproporzionati o irreparabili.
È necessario che il debitore presenti un piano di risanamento da cui emerga la sua non manifesta inidoneità.
Non sussiste, infatti, alcun diritto assoluto né alle trattative né alla composizione negoziata della crisi, posto che l’accesso allo strumento richiede l’indefettibile allegazione di un progetto di risanamento serio, capace di evidenziare e provare le strategie e le azioni necessarie per raggiungere gli scopi prefissati.
In tal senso si è espresso il Tribunale di Padova con l’ordinanza del 16 dicembre 2024.
Il procedimento di conferma delle misure protettive e cautelari è disciplinato dall’art. 19 del DLgs. 14/2019: l’imprenditore, entro il giorno successivo alla pubblicazione dell’istanza e dell’accettazione della nomina dell’esperto, è tenuto a depositare il ricorso con cui chiede la conferma ovvero la modifica delle misure protettive e anche le eventuali misure cautelari necessarie.
L’imprenditore è tenuto ad allegare al ricorso la documentazione di cui all’art. 19 comma 2 del DLgs. 14/2019, tra cui un progetto di piano di risanamento, un piano finanziario per i successivi sei mesi e un prospetto delle iniziative che intende adottare.
Si ritiene che il piano non debba risultare completo sin dall’inizio, ma ciò non esclude, tuttavia, secondo i giudici, che debba essere “serio”, ab origine: questo implica che il progetto di risanamento debba concretamente esistere ed essere oggettivamente valutabile.
Oltre al piano non va trascurata l’importanza dell’allegazione del piano finanziario per i successivi sei mesi, capace di evidenziare anche il correlato cash flow stimabile.
La mancanza del piano finanziario, innanzitutto, potrebbe costituire un indizio che l’accesso alla composizione negoziata sia stato affrettato a causa delle azioni poste in essere dai propri creditori, mancando della giusta preparazione “per tempo” ex ante.
In secondo luogo, evidenzia una non piena adeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili ex. art. 2086 c.c. e la non ottemperanza a quanto richiesto dall’art. 3 comma 3 lett. a) e b) del DLgs. 14/2019.
Non ultimo, il piano finanziario consente di evidenziare se sussistono le condizioni per una ragionevole prosecuzione dell’attività di impresa, in pendenza della composizione negoziata
La sua mancanza ovvero la difficoltà di una sua elaborazione, secondo i giudici, evidenzia una serie di indizi che possono incidere negativamente sulla valutazione di conferma delle misure protettive e cautelari