L’ordinanza n. 34671/2024 della Cassazione ha preso in esame il caso di due sindaci-revisori di una spa fallita che, in sede di richiesta al curatore fallimentare di ammettere al passivo i crediti vantati nei confronti della società per lo svolgimento delle attività di controllo relative all’anno 2019, vedevano eccepito il proprio inadempimento.
Tale eccezione era fondata, in particolare, sul fatto che, in prossimità della chiusura dell’esercizio 2019 (fine novembre 2019), la spa aveva ceduto una propria partecipazione iscrivendo una posta attiva di circa 1.900.000 euro, tale da consentirle di chiudere l’esercizio con l’esposizione di un significativo utile. A distanza di soli due mesi, peraltro, la spa deliberava (nel corso di una assemblea in cui erano presenti i sindaci-revisori) un percorso di riacquisizione del medesimo pacchetto azionario che si sarebbe concluso il 2 luglio 2020, senza che, dal punto di vista finanziario, fosse intervenuta alcuna movimentazione in entrata o in uscita. Alla data di approvazione dello stesso bilancio (30 ottobre 2020), i sindaci-revisori non davano alcun riscontro dell’operazione nella loro relazione; relazione che restava aggiornata a giugno 2020, dal momento che la data inizialmente prevista per l’approvazione del bilancio 2019 era stata fissata al 10 giugno 2020, per essere poi differita al 20 ottobre.
Secondo i sindaci-revisori, il non aver menzionato nella relazione l’operazione di riacquisto, conclusasi il 2 luglio 2020, non aveva integrato una condotta poco diligente, perchè non vi è nessuna norma che impone loro di fare ciò espressamente.
Ma non sono di questo avviso la Cassazione ed il giudice di merito, i quali giungevano ad un’opposta conclusione.
I doveri dei sindaci – osservano i giudici di legittimità – non si esauriscono nel mero, burocratico, espletamento delle attività indicate dalla legge, ma comportano l’obbligo di adottare, in relazione alle circostanze del caso concreto, ogni atto teso a un’effettiva ed efficace (e non solo formale) vigilanza sull’amministrazione della società e sulle relative operazioni gestorie.
Ed inoltre nel caso di specie, il giudice di merito, nel negare l’ammissione al passivo del credito vantato dei sindaci-revisori, aveva ritenuto che il loro inesatto adempimento non li abilitasse a chiedere alcun compenso per l’annualità in questione. Valutazione che, conclude la Suprema Corte, oltre a non essere sindacabile in sede di legittimità, in quanto apprezzamento di fatto, è ritenuta compiuta facendo corretto uso dei principi enunciati.