Solo l’insussistenza del fatto illecito attribuito al legale rappresentante della società comporta il venir meno della responsabilità “231” di quest’ultima, mentre se il reato presupposto esiste la società è responsabile e può subire il sequestro dei beni anche quando il suo amministratore è assolto.
Il caso
La contestazione riguardava l’illecito amministrativo connesso ai reati tributari (art. 25-quinquiesdecies DLgs. 231/2001) per non avere la società adottato ed efficacemente attuato modelli di organizzazione idonei a prevenire la commissione del reato di cui all’art. 11 del DLgs. 74/2000 incamerandone il profitto e ottenendo vantaggi.
In particolare la violazione era stata contestata al legale rappresentante di altra società, destinataria di cartelle di pagamento, il quale aveva aveva successivamente distratto una somma di danaro bonificandola in favore della società indagata.
Il Tribunale di merito aveva ritenuto sussistente l’illecito “231” e la conseguente resposnabilità della società in esame, sul rilievo che tale società non aveva impedito il concorso nel reato tributario di quello che veniva indicato come gestore e amministratore di fatto, ossia l’amministratore di altra società.
A nulla rilevando, invece, l’assoluzione dal reato presupposto (comuque esistente) nei confronti dell’ amministratore stesso della società indagata.
Quale il principio ricavabile dalla sentenza in esame?
Ai sensi dell’all’art. 8 del DLgs. 231/2001, l’importante è che un reato tra quelli compresi nel catalogo dei reati presupposto sia stato accertato e sia riferibile a uno dei soggetti indicati dall’art. 5 del DLgs. 231/2001 (apicali o sottoposti), anche se poi manchi o sia insufficiente la prova della responsabilità individuale di uno di tali soggetti (così Cass. SS.UU. n. 11170/2015).
Insomma, la società può subire il sequestro 231 per il semplice fatto che sussista il reato presupposto della fattiepcie, anche quando il suo amministratore sia stato dichiarato assolto dal reato stesso.