È incostituzionale la confisca obbligatoria, anche per equivalente, dei beni utilizzati per commettere un reato societario, così come previsto dall’art 2641 c.c.
La sentenza
La sentenza depositata ieri dalla Corte Costituzionale (sentenza 4 febbraio 2025 n.7) ha dichiarato l’illegittimità parziale del citato art. 2641 c.c. con particolare riguardo al comma 2, nella parte in cui prevede la confisca obbligatoria di una somma di denaro o beni di valore equivalente a quelli utilizzati per commettere il reato.
Da tale pronuncia di incostituzionalità parziale resta invece in vigore l’obbligo di confiscare i profitti ricavati dal reato, sia in forma diretta che per equivalente, a carico di qualunque persona – fisica o giuridica – che risulti effettivamente avere conseguito le utilità derivanti dal reato.
Il caso
La questione era stata sollevata dalla Cassazione nell’ambito del processo relativo alla crisi della Banca popolare di Vicenza, dal momento che i giudici di legittimità avevano condiviso i dubbi della Corte d’appello circa la possibile sproporzione di una confisca di quasi un miliardo a carico di quattro persone fisiche a seguito della condanna per i reati di aggiotaggio e ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza.
La sproporzione della confisca nei reati societari
Corte Costituzionale, con sentenza 4 febbraio 2025 n. 7, ha dichiarato parzialmente incostituzionale l’art. 2641 c.c. che prevede l’obbligo di disporre la confisca di tutti i beni utilizzati per commettere un reato societario in quanto viola il principio di proporzionalità.
Con la sentenza n. 7 del 4 febbraio 2025, la Corte Costituzionale ha stabilito che l’obbligo di disporre la confisca di tutti beni utilizzati per commettere un reato societario, anche nella forma della confisca di beni di valore equivalente, può condurre a sanzioni sproporzionate, ed è pertanto incompatibile con la Costituzione. Con la sentenza è stato, quindi, dichiarato parzialmente incostituzionale l’art 2641 c.c. comma 2 che prevede questo obbligo.
In conclusione…
In definitiva, è condizione essenziale a garantire la compatibilità con i principi costituzionali delle pene pecuniarie che l’autorità preposta alla loro applicazione disponga di un potere discrezionale rispetto alla loro applicazione, così da evitare non solo che la sanzione pecuniaria risulti esorbitante rispetto alla capacità del condannato di farvi fronte, ma anche che essa possa determinare un effetto palesemente eccessivo sulle sue stesse condizioni di vita. Discrezionalità che, come detto, non è garantita dalla previsione dell’obbligatorietà come avveniva appunto nell’art. 2641 c.c.