Un minore viene affidato dai servizi sociali ad una famiglia e, malauguratamente, perde la vita annegando nella piscina incustodita dell’abitazione. I genitori biologici agiscono in giudizio sia contro gli affidatari sia contro il Comune, invocando la responsabilità da “contatto sociale.” In secondo grado, i collocatari vengono condannati al pagamento di circa 80 mila euro a titolo di risarcimento, mentre viene esclusa la responsabilità dell’ente comunale.
Ma i ricorrenti non sono soddisfatti e vogliono che, insieme ai genitori affidatari, vada considerato responsabile della morte del minore anche il comune, in quanto “ausiliario” dei genitori affidatari.
Così fanno ricorso per Cassazione.
La Sezione III, con la sentenza 5 ottobre 2023, n. 28139, non accoglie tale ricostruzione della difesa rigettando il ricorso.
Tra il Comune e i genitori affidatari non sussiste “l’esistenza di un rapporto tra ausiliario e committente ossia il cd. rapporto di preposizione“, presupposto idoneo a fondare la pretesa responsabilità da contatto sociale in capo all’ente. Infatti, secondo gli ermellini, i collocatari non sono da considerare ausiliari del Comune, atteso che questi sono stati nominati con provvedimento giudiziario.
Per quel che attiene alla responsabilità da “contatto sociale”, la fonte dell’obbligazione è “il fatto o l’atto” e resta soggetta alle regole proprie dell’obbligazione contrattuale, benché il fatto generatore non sia il contratto (Cass. 589/1999).
Tale modello di responsabilità, nel tempo, ha subito un’evoluzione e si è esteso dalle professioni sanitarie (a cui inizialmente era limitato) sino ad altre professioni protette, come quella di avvocato e notaio.
La giurisprudenza ha inteso valorizzare sempre più la tutela dell’affidamento e ha trasposto la responsabilità da contatto sociale dalle professioni protette alle relazioni con le pubbliche amministrazioni.
Ma, come prima sottolineato, per la Cassazione deve escludersi la sussistenza della responsabilità da contatto sociale in capo al Comune, perchè questo non ha nessun obbligo di buona fede, protezione e informazione nè nei confronti del minore, nè nei confronti dei genitori biologici circa il fatto che il loro figlio sarebbe stato al sicuro da pericoli.
In concluisone, la responsabilità da contatto sociale non grava in capo al Comune, ma responsabili sono solo i genitori affidatari del minore.