La disciplina delle clausole vessatorie nei contratti B2C
L’art. 33 comma 1 del D.lgs. n. 206/2005 (c.d. Codice del Consumo, di seguito CdC) dispone che “nel contratto concluso tra il consumatore ed il professionista si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto”.
Sotto il profilo soggettivo, la norma si applica a tutti i contratti conclusi tra un consumatore ed un professionista.
Consumatore è la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta, cioè per esigenze della vita quotidiana o relative alla propria sfera privata.
Professionista è invece definito come la persona, fisica o giuridica, che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale o professionale, ovvero un suo intermediario.
Restano invece esclusi dall’ambito d’applicazione del CdC (e quindi sottoposti alla normativa generale del codice civile) i contratti conclusi:
- tra imprese (Business to Business – “B2B”);
- tra privati (Consumer to Consumer – “C2C”).
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3. Il significativo squilibrio di diritti e obblighi.
Ai sensi dell’art. 33 CdC, sono considerate in generale vessatorie le clausole che determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.
Ad esempio, la giurisprudenza ha qualificato come vessatorie in base al principio generale del significativo squilibrio:
- la clausola di calcolo degli interessi anatocistici, con cui si prevedeva la capitalizzazione trimestrale degli interessi a debito relativa ai rapporti di conto corrente bancario sorti anteriormente all’entrata in vigore della delibera con cui il CICR ha stabilito modalità e criteri per la disciplina dell’anatocismo nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, i cui effetti non siano ancora esauriti;
- la clausola delle condizioni generali predisposte da una banca per disciplinare i contratti di conto corrente bancario, che obbliga il cliente a corrispondere una somma a titolo di commissione per la richiesta di estinzione del conto, anche nell’ipotesi in cui quest’ultimo eserciti il diritto di recesso, a seguito della comunicazione da parte dell’istituto di credito della unilaterale modificazione dei tassi, dei prezzi e altre condizioni, senza che la somma richiesta risulti corrispondere a spese effettivamente sostenute da parte della banca e adeguatamente motivate;
- la clausola delle condizioni generali di un contratto di trasporto aereo, con la quale si attribuisce al vettore la facoltà di annullare la prenotazione del volo di ritorno o di prosecuzione, ove il passeggero non abbia usufruito della prenotazione del volo di andata o di avvicinamento e non provveda a comunicare al vettore l’intenzione di volersi avvalere di quella effettuata per il secondo viaggio;
- le clausole che prevedono l’assunzione da parte del promissario acquirente dell’obbligo di corrispondere il compenso provvigionale al mediatore anche nell’ipotesi di revoca della proposta.
4. Quali clausole non possono essere considerate vessatorie
Ai sensi dell’art. 34 CdC non possono essere considerate vessatorie le clausole:
- relative all’oggetto del contratto e al corrispettivo dei beni e dei servizi, purché tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile; tali clausole, causando uno squilibrio di tipo economico (e non giuridico), sono quindi sottratte al controllo di vessatorietà, ad eccezione del caso in cui esse siano scarsamente chiare o comprensibili;
- che riproducono disposizioni di legge; non sono considerate tuttavia tali le norme che implicano una scelta, frutto dell’esercizio dell’autonomia contrattuale; ad es. la clausola che esclude la responsabilità del professionista per colpa semplice (posto che l’art. 1229 c.c. ammette la validità di tale pattuizione), la clausola di recesso a favore del professionista (art. 1373 c.c.), o di limitazione della garanzia per vizi (art. 1490 c.c.); vi rientra invece la clausola di recesso della banca per giusta causa nei contratti di apertura di credito a tempo determinato, riproduttiva dell’art. 1485 2° comma c.c., clausole in tema di recesso dell’assicuratore (artt. 1893 e ss. c.c.), clausola di esclusione di responsabilità per colpa lieve del professionista per prestazioni relativi a problemi tecnici di speciale difficoltà (art. 2236 c.c.);
- che siano state oggetto di trattativa individuale; a tal fine, la trattativa deve presentare il carattere dell’effettività, cioè il consumatore deve avere la possibilità di esercitare la propria autonomia negoziale influendo sul contenuto del testo contrattuale, anche se poi non abbia inteso esercitare tale potere o vi abbia rinunciato; occorre quindi che le parti abbiano discusso nel dettaglio il contenuto della singola clausola, nonché possibili formulazioni alternative a quelle inizialmente addotte dal professionista e che, ciò nonostante, il consumatore abbia, in esito a tale discussione, volutamente rinunciato alla sua modifica in cambio di concessioni su altri aspetti rilevanti del regolamento negoziale o in cambio dell’inserimento di clausole a lui vantaggiose.
5. Le presunzioni di vessatorietà: a) la “lista grigia”.
L’accertamento in concreto della natura vessatoria di una clausola inserita nel contratto del consumatore è facilitato da una serie di presunzioni, sicché il consumatore assai raramente ha l’onere di dimostrare l’esistenza del significativo squilibrio, essendogli sufficiente dimostrare che la clausola in questione rientra in quelle presunte dalla legge come vessatorie.
Il CdC distingue due diverse tipologie di clausole, rispetto alle quali la prova della natura vessatoria si atteggia diversamente.
In un primo gruppo rientrano una serie di clausole che si presumono vessatorie salvo prova contraria (cd. “lista grigia”: art. 33 comma 2 CdC). Si tratta delle clausole che hanno per oggetto, o per effetto, di:
- escludere o limitare l’opportunità da parte del consumatore della compensazione di un debito nei confronti del professionista con un credito vantato nei confronti di quest’ultimo;
- prevedere un impegno definitivo del consumatore mentre l’esecuzione della prestazione del professionista è subordinata ad una condizione il cui adempimento dipende unicamente dalla sua volontà;
- consentire al professionista di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore se quest’ultimo non conclude il contratto o recede da esso, senza prevedere il diritto del consumatore di esigere dal professionista il doppio della somma corrisposta se è quest’ultimo a non concludere il contratto oppure a recedere;
- imporre al consumatore, in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d’importo manifestamente eccessivo;
- riconoscere al solo professionista e non anche al consumatore la facoltà di recedere dal contratto, nonché consentire al professionista di trattenere anche solo in parte la somma versata dal consumatore a titolo di corrispettivo per prestazioni non ancora adempiute, quando sia il professionista a recedere dal contratto;
- consentire al professionista di recedere da contratti a tempo indeterminato senza un ragionevole preavviso, tranne nel caso di giusta causa;
- stabilire un termine eccessivamente anticipato rispetto alla scadenza del contratto per comunicare la disdetta al fine di evitare la tacita proroga o rinnovazione;
- consentire al professionista di modificare unilateralmente le clausole del contratto, ovvero le caratteristiche del prodotto o del servizio da fornire, senza un giustificato
- motivo indicato nel contratto stesso;
- stabilire che il prezzo dei beni o dei servizi sia determinato al momento della consegna o della prestazione;
- consentire al professionista di aumentare il prezzo del bene o del servizio senza che il consumatore possa recedere se il prezzo finale è eccessivamente elevato
- rispetto a quello originariamente convenuto;
- riservare al professionista il potere di accertare la conformità del bene venduto o del servizio prestato a quello previsto nel contratto o conferirgli il diritto esclusivo d’interpretare una clausola qualsiasi del contratto;
- limitare la responsabilità del professionista rispetto alle obbligazioni derivanti dai contratti stipulati in suo nome dai mandatari o subordinare l’adempimento delle
- suddette obbligazioni al rispetto di particolari formalità;
- limitare o escludere l’opponibilità dell’eccezione d’inadempimento da parte del consumatore;
- consentire al professionista di sostituire a se’ un terzo nei rapporti derivanti dal contratto, anche nel caso di preventivo consenso del consumatore, qualora risulti
- diminuita la tutela dei diritti di quest’ultimo;
- sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria, limitazioni all’adduzione di prove, inversioni o modificazioni dell’onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi;
- stabilire come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore;
- prevedere l’alienazione di un diritto o l’assunzione di un obbligo come subordinati ad una condizione sospensiva dipendente dalla mera volontà del professionista a fronte di un’obbligazione immediatamente efficace del consumatore.
Tali clausole si presumono vessatorie fino a priva contraria. Per evitare la declaratoria di vessatorietà, l’impresa ha l’onere di provare che:
- la pattuizione non determina un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi inerenti il contratto; oppure che
- la clausola è stata oggetto di trattativa individuale.
6. Le presunzioni di vessatorietà: a) la “lista nera”.
Sono considerate vessatorie in ogni caso, cioè senza possibilità di prova contraria da parte dell’impresa, le clausole appartenenti alla c.d. “lista nera” (art. 36, comma 2 CdC), ovvero le clausole che hanno l’effetto di:
- escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un’omissione del professionista;
- escludere o limitare le azioni del consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista;
- prevedere l’adesione del consumatore come estesa a clausole che non ha avuto, di fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto.
Per tutte le altre clausole (e cioè quelle non comprese né nella lista grigia né nella lista nera), è il consumatore che ne invoca la vessatorietà a dovere provare che abbiano arrecato un significativo squilibrio alla propria posizione.
7. Le conseguenze della vessatorietà delle clausole per le imprese.
La nullità della clausola vessatoria non si estende all’intero contratto, ma rimane confinata alla clausola.
Si tratta di nullità relativa, in quanto opera solo a vantaggio del consumatore, il quale è l’unico soggetto – oltre al giudice – legittimato a chiedere la declaratoria di nullità di una clausola vessatoria.
I consumatori hanno a disposizione, oltre all’azione di accertamento della nullità della clausola abusiva, anche la tutela inibitoria, allo scopo di far cessare il comportamento lesivo già verificatosi e imporre all’autore dell’illecito un obbligo di astenersi per il futuro da ulteriori comportamenti dei quali sia accertata l’antigiuridicità.