Il reato di false comunicazioni sociali può rilevare ai fini della bancarotta fraudolenta commessa dagli amministratori di una società.
La sentenza n.7816/2025 della Cassazione, ha così confermato la condanna per tale fattispecie nei confronti del Presidente del consiglio di amministrazione di una srl per avere concorso nel cagionarne il dissesto, esponendo nel bilancio fatti non rispondenti al vero e omettendo di adottare i provvedimenti di ricapitalizzazione o di scioglimento imposti dag2482 bis e 2482 ter pur in presenza delle relative condizioni, così continuando ad accumulare perdite sino al fallimento.
In particolare, veniva contestato il fatto di aver indicato nel bilancio del 2010 un patrimonio netto di 82.880 euro benché lo stesso fosse negativo per 584.295 euro e di aver esposto un risultato economico in utile di 51.127 euro nonostante che esso fosse in perdita di 606.048 euro, con sovrastime derivate dall’iscrizione in bilancio di somme false sia alla voce “ricavi delle vendite e delle prestazioni”, sia alla voce “crediti esigibili entro l’esercizio successivo”.
Nel caso di specie, è stato ritenuto dimostrato che l’imputato abbia commesso fatti sussumibili nella fattispecie di false comunicazioni sociali prevista dal citato art. 2621 c.c. e che tale condotta abbia concorso a determinare il dissesto sociale unitamente ad altre condotte di natura omissiva, consistite nella mancata adozione di misure di ricapitalizzazione o di messa in liquidazione della società.
Pertanto, l’ingiusto profitto perseguito deve ritenersi correttamente ravvisabile proprio nella possibilità offerta dalla falsa comunicazione sociale di sottrarsi a tali doverosi adempimenti, proponendosi al mercato come una società “in bonis” attraverso la rappresentazione di un valore economico superiore a quello reale.
Peraltro, l’evento tipico della bancarotta comprende non solo la produzione, ma anche il semplice aggravamento del dissesto. E in effetti, nel caso in esame, la falsa rappresentazione della situazione economica non si può dire che abbia direttamente causato un dissesto che si era già manifestato, ma piuttosto che ha concorso ad occultarlo, e in questo modo, ha concorso, altresì, a consentire quelle ulteriori condotte, attive e omissive, che, nel tempo, avevano contribuito a determinare la situazione finale che ha portato al fallimento della società.