Una holding company, in Italia conosciuta semplicemente come “holding”, è una società finanziaria che detiene partecipazioni o quote di altre società controllate sulle quali esercita un’attività direttiva e di gestione del capitale.
Due le tipologie di holdings:
- Le holding pure o finanziarie: sono holding che hanno come unica funzione il coordinamento tecnico-finanziario delle società controllate e non svolgono alcuna attività di produzione o di scambio di beni e/o servizi.
- Le holding impure o miste (dette anche operative): società holding che, insieme all’attività di gestione finanziaria, portano avanti attività industriali o commerciali.
Esistono inoltre:
- Le investment holding, vale a dire holding che acquisiscono partecipazioni allo scopo di ottenere dividendi e capital gains, senza però dover controllare e gestire il capitale delle società figlie.
- Le holding gestorie o settoriali, che possono avere sia natura finanziaria sia natura operativa, e che riuniscono società con business strategicamente interdipendenti (ad esempio quelle operano in settori complementari) al fine di gestirle in modo sinergico.
- Le subholding, tipicamente di natura finanziaria, che si interpongono tra una società capogruppo e le varie società figlie operanti nello stesso settore. Nei gruppi più grandi non è raro che l’attività della holding venga esercitata tramite una o più subholding.
- Le holding di famiglia, holding i cui soci sono membri della stessa famiglia o ramo familiare. Il controllo societario si concentra nelle mani del fondatore (o dei fondatori), il quale conferisce alla holding le proprie quote o azioni detenute nelle società operative subsidiary, che possono quindi essere gestite in modo unitario e accentrato. Questa tipologia di holding è particolarmente importante in Italia, dove è in assoluto la più diffusa. Il tessuto economico e produttivo italiano è infatti in gran parte costituito da imprese a guida familiare, e moltissime di queste sono di piccola o media dimensione (le cosiddette PMI). La costituzione di una holding di famiglia risulta essere una valida soluzione al sempre più attuale problema de passaggio generazionale. I vantaggi risiedono soprattutto nella possibilità di gestire il passaggio riducendo al minimo le conflittualità familiari, che sono spesso causa di rallentamenti – se non addirittura di paralisi – dell’attività. Pianificare il trasferimento di capitale e responsabilità gestionale di un’azienda attraverso lo strumento della holding consente ad esempio di separare gli interessi di quanti – tra gli eredi – siano realmente interessati e pronti ad affrontare una gestione attiva dell’impresa, da quelli di chi guarda ai soli redditi derivanti dalla detenzione di quote o azioni, ma non è in grado o non vuole partecipare alle scelte di amministrazione.
Perché una holding? Utilità e benefici
Creare una holding può far realizzare alcuni importanti obiettivi, che in particolare riguardano:
1) Sviluppo e diversificazione del business
Attraverso la costituzione di una holding, un imprenditore ha la possibilità di allargare il proprio business, estendendone le attività anche in settori complementari o vicini.
2) Tutela del patrimonio aziendale
Una delle principali ragioni per le quali si pensa alla costituzione di una holding è quella di proteggere il patrimonio aziendale, mettendolo al riparo dalle aggressioni di eventuali creditori e in generale preservandolo da vicende personali, familiari, successorie e fiscali.
3) Gestione del passaggio generazionale
Come visto al punto precedente, creare una holding può essere la soluzione al problema del passaggio generazionale, vale a dire quel processo al termine del quale il capitale e la gestione di un’impresa vengono trasferiti dai fondatori ai successori con il fine di garantire la continuità dell’impresa stessa.
4) Necessità di ordine produttivo e commerciale
Nel caso – per la verità molto frequente – in cui una sola famiglia sia proprietaria di più società che, pur non operando nello stesso settore, risultano ugualmente complementari e interconnesse, può essere conveniente creare una holding in grado di indirizzarle verso una politica comune.
Attraverso la cessione del controllo delle diverse società operative alla holding è infatti possibile razionalizzarne la gestione e determinare una strategia unitaria per l’intero gruppo, mantenendone accentrata la proprietà.
5) Necessità di ordine finanziario
Le società di proprietà di una stessa famiglia possono avere esigenze di carattere finanziario molto diverse, non solo in termini di capitale disponibile, ma anche di tempistiche. Ad esempio le principali risorse e necessità finanziarie delle società componenti il gruppo potrebbero non concentrarsi nella stessa parte dell’anno, oppure una società potrebbe incorrere in difficoltà finanziarie laddove un’altra potrebbe al contempo ritrovarsi con un eccesso di liquidi.
6) Ottimizzazione fiscale
La holding è un valido strumento di pianificazione tributaria in quanto consente di usufruire di alcuni speciali regimi di tassazione agevolata (ad esempio quello della Participation Exemption), nonché di attuare particolari strategie di allocazione che consentano una distribuzione degli utili ottimizzata e più efficiente dal punto di vista del prelievo fiscale.
Elencati sinteticamente i motivi per i quali può essere utile costituire una holding, passiamo ora ad analizzare nel dettaglio quali vantaggi essa offre dal punto di vista fiscale, finanziario e amministrativo.
I vantaggi fiscali
I principali vantaggi fiscali derivanti dalla costituzione di una holding sono:
- La possibilità di usufruire del regime della Participation Exemption (PEX)
- L’utilizzo del consolidato fiscale o dell’Iva di gruppo
- La possibilità di utilizzare i finanziamenti infragruppo
- Lo sfruttamento della tassazione agevolata sui dividendi
La Participation Exemption (PEX)
La Participation Exemption, abbreviata in “PEX”, è stata introdotta con il decreto legislativo n. 344 del 12 dicembre 2003, attuativo della legge delega n. 80 del 7 aprile 2003 e contenente la riforma dell’imposizione sul reddito delle società (spesso ricordata come “riforma Tremonti”).
La riforma – originata dalla necessità di armonizzare il sistema fiscale italiano con quello prevalente negli altri Paesi dell’Unione europea – ha apportato variazioni sostanziali alla disciplina contenuta nel D.P.R. 917/86, altrimenti detto Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir), modificandone anche la struttura e la suddivisione interna.
Le modifiche di maggior rilievo hanno riguardato:
- la sostituzione della vecchia Imposta sul Reddito delle Persone Giuridiche (IRPEG) con l’attuale Imposta sul Reddito delle Società (IRES);
- il regime di tassazione dei dividendi, con l’abolizione del credito d’imposta;
- l’introduzione del consolidato fiscale;
- il contrasto alla sottocapitalizzazione delle imprese (“thin capitalization”);
- il regime di tassazione per trasparenza delle società di capitali;
- la riduzione dell’aliquota al 33%;
- l’esenzione per le plusvalenze realizzate su partecipazioni (la cosiddetta “participation exemption”).
Riassumendo, per ciò che riguarda le holding, il regime della participation exemption rileva in presenza delle seguenti condizioni:
- possesso ininterrotto della partecipazione dal primo giorno del dodicesimo mese precedente quello dell’avvenuta cessione;
- classificazione delle partecipazioni nella categoria delle immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso;
- residenza fiscale in un Paese che non abbia regime fiscale privilegiato da parte delle società indirettamente partecipate che rappresentano la maggior parte del valore del patrimonio della holding;
- esercizio, da parte della società partecipata, di un’impresa commerciale secondo la definizione di cui all’art. 55 Tuir.
Il consolidato fiscale e l’IVA di gruppo
Il consolidato fiscale è un particolare regime fiscale che consente alle società di optare per una tassazione di gruppo, calcolando l’IRES di competenza in modo unitario (riunendo, nel caso delle holding, la tassazione delle società controllate con quella della capogruppo).
In sostanza tramite lo strumento del consolidato fiscale viene determinata un’unica base imponibile, e quindi un unico importo da versare, per l’intero gruppo di imprese aderenti. Il gruppo ottimizza la sua gestione finanziaria: in questo modo, infatti, le società aderenti al consolidato possono compensare tra di loro i rispettivi crediti e debiti d’imposta.
La possibilità di optare per il regime del consolidato fiscale è disciplinata agli artt. 117-129 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi.
Ai fini dell’esercizio del consolidato fiscale, si distinguono la “società controllante” (quella che effettua il consolidamento) e le “società controllate” (quelle incluse nel consolidato). La prima deve possedere una partecipazione rilevante in ogni società controllata che intenda aderire al consolidato. La normativa considera “rilevante” una partecipazione nella misura in cui consista in almeno il 50% del totale, sia in termini di maggioranza di voti in assemblea ordinaria, sia in termini di partecipazione agli utili.
Sono escluse dalla possibilità di accedere al consolidato tutte le società che già usufruiscono della riduzione dell’aliquota IRES, quelle che hanno optato per il regime di trasparenza o per quello di tonnage tax, nonché le società soggette a fallimento o a liquidazione coatta amministrativa.
Come stabilito all’articolo 118, primo comma, l’esercizio dell’opzione
“comporta la determinazione di un reddito complessivo globale corrispondente alla somma algebrica dei redditi complessivi netti da considerare, quanto alle società controllate, per l’intero importo indipendentemente dalla quota di partecipazione riferibile al soggetto controllante.”
Tale importo è poi rettificato per effetto delle variazioni di consolidamento di cui all’art. 122.
Va detto infine che non tutte le società presenti nel gruppo sono tenute ad aderire al consolidato: la scelta di esercitare l’opzione è rimessa infatti ad ognuna di esse singolarmente.
Un’altra agevolazione prevista per le holding è quella data dalla disciplina dell’Iva di gruppo, introdotta con il D.P.R. n. 633 del 26 ottobre 1972 (noto come “Decreto Iva”) in particolare all’art. 73 comma 3, le cui disposizioni applicative sono contenute nel D.M. del 13 dicembre 1979 (poi parzialmente modificate dalla legge di bilancio 2017).
In base a questa disciplina, la società controllante concentra su di sé tutti gli obblighi relativi alle liquidazioni periodiche dell’Iva (mensili o trimestrali) e al conguaglio di fine anno, in modo da compensare le eventuali posizioni creditorie con quelle debitorie.
Con l’opzione dell’Iva di gruppo le imprese tra loro collegate possono infatti costituirsi come gruppo unico ed essere considerate congiuntamente, come fossero un unico contribuente, nei confronti del fisco (solo ai fini Iva).
Il gruppo opererà sotto un’unica partita Iva e come unico soggetto fiscale, di conseguenza le cessioni di beni e le prestazioni di servizi intercorrenti tra le imprese che ne fanno parte non saranno considerate operazioni rilevanti ai fini dell’imponibile Iva.
In altre parole ancora, le operazioni interne al gruppo non saranno soggette ad Iva, mentre quelle verso soggetti esterni si considerano poste in essere dal gruppo e non dalla singola impresa che le ha effettuate.
All’Iva di gruppo sono ammesse, in veste di società controllanti, le società di capitali e gli enti diversi dalle società, mentre le società controllate possono essere società di capitali o di persone. La controllante deve però possedere azioni o quote per più del 50% del loro capitale.
I finanziamenti infragruppo
Un altro interessante risultato conseguibile attraverso l’utilizzo di una holding è quello di poter razionalizzare la funzione finanziaria attraverso il coordinamento-accentramento della pianificazione operativa e/o strategica delle società partecipate.
I finanziamenti infragruppo sono generalmente realizzati nei gruppi di società in cui non sia stato formalizzato l’accentramento della tesoreria tramite un accordo di cash pooling.
La tassazione agevolata sui dividendi
Un altro vantaggio dato dalla creazione di una holding è quello di poter agire come “società cassaforte”, accentrando tutti i dividendi delle società controllate e quindi concentrando nelle sue mani la gestione finanziaria dell’intero gruppo.
L’imponibilità degli utili, grazie alla PEX, è ridotta al 5%, e in taluni casi si può giungere fino alla completa detassazione dei dividendi distribuiti, ovvero quando si tratta di holding estere costituite in paesi dell’Unione europea. Ciò è possibile nel rispetto della disciplina prevista dalla “Direttiva Madre-Figlia” (Direttiva n. 90/435/Cee, recepita nel nostro ordinamento con il D.Lgs. 136/1993) e, in alcune situazioni, dalle Convenzioni internazionali.
Per questa ragione, l’utilizzo di una holding è particolarmente consigliato nel caso di gruppi a vocazione internazionale. Ad esempio una holding di partecipazioni tedesca può ricevere dividendi in esenzione di imposta da una sua società controllata italiana.
Attraverso questo sistema di trasferimento dei dividendi agevolato, la holding potrà poi decidere come gestire la liquidità accentrata: se reinvestirla nelle società controllate o se, ad esempio, distribuirla ai soci.
I vantaggi finanziari
Tra i vantaggi derivanti dalla costituzione di una holding, va senz’altro menzionata la possibilità di razionalizzare l’assetto finanziario dell’intero gruppo ad essa sottoposto.
Come abbiamo già visto, attraverso la holding è possibile gestire in maniera ottimale le disponibilità finanziarie delle diverse società controllate, accentrandole in capo ad un unico soggetto giuridico (la società capogruppo) secondo un accordo di cash pooling.
Con questo termine si indica infatti l’accentramento di tutte le risorse finanziarie (tanto i flussi in entrata quanto i flussi in uscita) di un gruppo presso un’unica società (detta pooler), la quale gestirà la liquidità e i pagamenti di tutte le altre (partecipants).
Tramite questo meccanismo una società del gruppo può trasferire il suo eccesso di liquidità ad un’altra che invece ne ha bisogno, senza che quest’ultima debba ricorrere al credito bancario, notevolmente più costoso.
Per attuarlo sarà necessario realizzare un sistema di conti correnti comprendente un conto “centrale” (pool account) e tanti conti “periferici” quante sono le società del gruppo che intendano partecipare.
Gli schemi di gestione del cash pooling sono essenzialmente due:
- “a saldi compensati” (notional cash pooling): in questo caso ogni società che partecipa all’accordo ha un proprio conte corrente aperto; i conti di ciascuna società potranno andare a debito purché il saldo complessivo di tutti i conti sia positivo o pari a zero. Non vi sono movimentazioni dei saldi dei conti bancari appartenenti alle società incluse nel sistema: la compensazione è infatti solo “virtuale”, non “fisica”. La sua gestione è quindi operativamente meno complessa. Va detto, però, che il notional cash pooling non è sempre riconosciuto dagli ordinamenti giuridici: in Italia, ad esempio, la sua applicazione è ostacolata, pur nell’assenza di norme che lo vietano espressamente.
- “a saldi zero” (zero balance system): una singola società del gruppo, generalmente la controllante (definita in questo caso pooler) è titolare di un conto corrente nel quale vengono accentrate tutte le operazioni contabilizzate e i saldi dei conti correnti delle altre società. La liquidità presente nei conti periferici viene quindi quotidianamente – di norma a fine giornata – riversata nel conto corrente centrale; all’inizio di ciascun giorno tutti i conti presenteranno quindi un saldo effettivo uguale a zero. Dal punto di vista gestionale è più complesso rispetto al notional cash pooling, poiché prevede l’effettiva movimentazione della liquidità dai conti correnti delle società partecipanti a quello centrale, da realizzarsi sulla base di specifici contratti stipulati in precedenza. Il cash pooling zero balance è comunque il modello maggiormente conosciuto e utilizzato in Italia.
I vantaggi di gestione
I benefici connessi alla creazione di una holding riguardano anche l’aspetto gestorio, in particolar modo perché questa garantisce il raggruppamento e il consolidamento della proprietà del gruppo.
Anche le funzioni e i servizi comuni alle diverse società controllate possono essere accentrati, aumentandone così l’efficienza e allo stesso tempo riducendone i costi.
Infine gli eventuali dissidi tra i soci possono essere contenuti e risolti più facilmente al livello della capogruppo, senza ostacolare l’attività delle società operative; allo stesso modo si possono gestire, eliminando o comunque riducendo i conflitti, la cessione di quote o il passaggio generazionale.
La tassazione della holding
Abbiamo già visto come la creazione di una holding rappresenti una delle migliori strategie di pianificazione fiscale per semplicità ed efficacia.
L’aliquota IRES per le società di capitali è fissata di norma al 24%, ma è possibile optare – rispettando alcune condizioni richieste per legge – per il regime della trasparenza fiscale.
Il sistema della trasparenza fiscale, disciplinato agli artt. 115 e 116 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, prevede che il reddito di una società sia tassato imputando gli utili o le perdite generate dalla società direttamente in capo ai soci, ognuno dei quali ne risponde in proporzione alla quota che possiede.
Mentre nel regime ordinario è tassata la società che ha prodotto il reddito, in questo caso il reddito è attribuito ai singoli soci. L’opzione della trasparenza fiscale può essere molto conveniente quando i soci hanno posizioni fiscali favorevoli – ad esempio se possono usufruire di spese detraibili e crediti d’imposta personali – e se il risultato che ne consegue è quello di un risparmio sulle imposte dovute.
Più alto sarà il reddito imponibile della società, minore diverrà la convenienza del regime della trasparenza. Infatti, l’IRES delle società è proporzionale al reddito, mentre la distribuzione del reddito tra i soci comporta una tassazione individuale con un’aliquota IRPEF mediamente più bassa. Allo stesso modo è sconsigliabile aderire alla trasparenza fiscale quando i soci non sono numerosi o hanno altri redditi rilevanti.