Il 10 giugno entra in vigore la legge sulla partecipazione dei lavoratori nelle aziende, approvata definitivamente dal Parlamento i 10 maggio, e quindi pubblicata sulla Gazzetta ufficiale. Testo lanciato dalla Cisl, senza trovare un fronte comune con Cgil e Uil, declina la partecipazione dei lavoratori alla vita delle aziende in quattro forme:
1)Gestionale;
2)Economico/Finanziaria;
3)Organizzativa;
4)Consultiva.
Tanto rumore per nulla?
Rispetto al testo iniziale, la legge quindi non prevede più l’obbligo giuridico di attuare i modelli partecipativi attraverso la contrattazione collettiva, ma solo la possibilità che le società adottino nei propri statuti questi modelli (purché ciò sia previsto dai contratti collettivi). La partecipazione gestionale resta quindi subordinata all’inserimento volontario negli statuti societari, e non è quindi resa obbligatoria nel caso in cui sia prevista dalla contrattazione collettiva. Una possibilità, non un diritto esigibile.
Il dettato costituzionale dell’art. 46 Cost
Alla base della normativa, sta il dettato costituzionale dell’art. 46 Cost, di cui questa legge è il primo tentativo di attuazione dopo 80 anni di resistenze. Il modello italiano di relazioni industriali, infatti, è stato tradizionalmente conflittuale più che orientato alla collaborazione tra lavoratori e imprese.
Partecipazione gestionale
La partecipazione gestionale prevede la presenza diretta dei lavoratori negli organi societari.
Nelle imprese con un sistema dualistico, cioè dove l’amministrazione e il controllo sono esercitati da un consiglio di gestione e un consiglio di sorveglianza, gli statuti aziendali potranno essere modificati e introdurre la partecipazione di uno o più lavoratori nel consiglio di sorveglianza. Nelle società che non adottano il sistema dualistico, uno o più amministratori che rappresentano gli interessi dei lavoratori potranno entrare nel cda.
La prima versione della legge faceva riferimento a una quota minima di rappresentanti dei lavoratori, che poi è stata eliminata.
Così come è sparito il riferimento a un obbligo di introdurre la partecipazione gestionale se prevista dalla contrattazione collettiva. Si dice solo che «gli statuti possono prevedere», quindi è tutto a discrezione interna delle aziende. Anche l’obbligo per le partecipate pubbliche, che avrebbero potuto fare da apripista, è stato depennato.
La partecipazione economica e finanziaria
La partecipazione economica e finanziaria prevede che se l’azienda distribuirà ai lavoratori dipendenti almeno il 10 per cento degli utili, questi saranno tassati al 5 per cento per un triennio fino a 5mila euro per ciascun lavoratore (al 10% a regime). Le aziende potranno anche attribuire ai dipendenti azioni in sostituzione di premi di risultato.
Partecipazione organizzativa.
I lavoratori potranno essere coinvolti nelle decisioni relative alle fasi produttive e organizzative della vita dell’impresa. Potranno essere create commissioni paritetiche per proporre piani di miglioramento e di innovazione dei prodotti. Le imprese che occupano meno di 35 lavoratori potranno favorire la partecipazione organizzativa attraverso gli enti bilaterali.
La partecipazione consultiva
Prevede che ci siano pareri e proposte dei lavoratori, non vincolanti, sulle decisioni che l’impresa intende assumere. I contratti collettivi potranno prevedere la composizione di commissioni paritetiche e anche i tempi della consultazione.