È valida la nomina ad amministratore di una persona che svolge un’attività concorrente con quella della società? Quando si paga il risarcimento dei danni?
Ogni società ha bisogno di qualcuno che si occupi della sua gestione per conto dei soci. Tale soggetto è individuato nella persona dell’amministratore, al quale è affidato il compito di attuare l’oggetto sociale ponendo in essere tutte le attività necessarie a favorire l’impresa. È in questo preciso contesto che si pone il seguente quesito: come funziona il divieto di concorrenza dell’amministratore?
Come vedremo, esistono specifiche norme di legge che impongono all’amministratore di astenersi dal compiere qualsiasi attività che possa danneggiare la società che gestisce. Una di queste riguarda, nello specifico, il divieto di intraprendere o di prendere parte ad attività concorrenti a quelle della società stessa. Analizziamo meglio questo aspetto.
Amministratore società: chi è e cosa fa?
L’amministratore ha il compito di gestire la società e di compiere tutte le operazioni necessarie per l’attuazione degli scopi inseriti nell’atto costitutivo.
L’amministratore, dunque, ha una competenza generale, nel senso che può prendere qualsiasi decisione relativa ad atti che rientrano nell’oggetto sociale che non sia riservata dalla legge o dall’atto costitutivo alla competenza di altri organi sociali (ad esempio, all’assemblea).
All’amministratore è in genere attribuita anche la rappresentanza della società, che consiste nel potere di compiere atti in suo nome e di vincolarla nei confronti dei terzi.
È possibile nominare più amministratori: in questo caso, essi formano il cosiddetto consiglio di amministrazione, con possibilità di delegare specifiche funzioni solo a uno di essi (il cosiddetto amministratore delegato).
In caso contrario, se cioè l’incarico di gestione viene affidato a un solo soggetto, si parlerà di amministratore unico.
Cos’è il divieto di concorrenza degli amministratori?
Secondo la legge [1], gli amministratori non possono assumere la qualità di soci illimitatamente responsabili in società concorrenti, né esercitare un’attività concorrente per conto proprio o di terzi, né essere amministratori o direttori generali in società concorrenti, salvo autorizzazione dell’assemblea.
Per l’inosservanza di tale divieto l’amministratore può essere revocato dall’ufficio ed essere condannato al risarcimento dei danni.
I motivi che sono alla base del divieto di concorrenza sono molteplici:
- con esso si intende, innanzitutto, evitare che l’amministratore dedichi solo una parte delle proprie energie al perseguimento dell’interesse della società, essendo impegnato anche nello svolgimento di un’attività concorrente;
- la norma, inoltre, vuole impedire che l’amministratore sfrutti notizie riservate delle quali è venuto a conoscenza proprio grazie al suo ruolo di amministratore;
- infine, esiste un rapporto di fiducia tra la società e l’amministratore che verrebbe meno se quest’ultimo svolgesse un’attività concorrente con quella della società che gestisce.
Come si evince dalla norma, l’esistenza di una situazione di possibile conflitto tra l’amministratore e la società non comporta, in automatico, la rimozione dall’incarico: l’incompatibilità può infatti essere tollerata dall’assemblea, la quale ha la facoltà di autorizzare l’amministratore allo svolgimento dell’attività concorrente in proprio ovvero alla partecipazione alla società rivale.
Come si dirà, un altro modo per evitare di incorrere nel divieto di concorrenza è quello di rimuovere la causa di incompatibilità, rinunciando all’incarico che si pone in conflitto con quello di amministratore.
Amministratore fa concorrenza alla società: quando paga i danni?
Come già ricordato, l’amministratore che viola il divieto di concorrenza può essere rimosso dall’incarico e anche condannato a pagare il risarcimento.
Secondo la giurisprudenza [2], la società che intende chiedere il risarcimento all’amministratore che ha violato il divieto di concorrenza non può esimersi dal fornire prova dei danni che ha patito in seguito alla condotta infedele dell’amministratore.
Per i giudici, la valutazione del danno, anche se fatta in via equitativa, non può prescindere dalla prova circa la ricorrenza del pregiudizio stesso.
In altre parole, alla violazione del divieto di concorrenza non corrisponde, in automatico, l’obbligo di risarcire i danni dalla società.
Carlo è amministratore di una società che realizza prodotti agricoli. Decide di avviare un’azienda del tutto identica, senza però avere alcuna fortuna sul mercato. L’assenza di danni (calo del fatturato, ecc.) per la società che amministra non consente di chiedere il risarcimento. La revoca è invece legittima.
Amministratore concorrente: la nomina è valida?
Secondo la giurisprudenza [3], la nomina dell’amministratore che, al momento della designazione, sta già svolgendo un’attività concorrente con quella della società, non rende invalida la delibera assembleare né ineleggibile l’amministratore stesso.
Una designazione del genere comporta solo l’obbligo, per l’amministratore, di smettere la qualità o l’attività incompatibile, al fine di non esporsi alla sanzione della revoca e dell’eventuale risarcimento, salvo che abbia ricevuto autorizzazione dall’assemblea dei soci oppure da una clausola dello statuto.
Da quanto appena detto si evince un importante principio: la violazione del divieto di concorrenza non solo non comporta in automatico le sanzioni previste dalla norma (revoca e risarcimento) ma nemmeno invalida la deliberazione