Con la pronuncia n. 27607 la Cassazione è tornata a occuparsi del tema relativo all’applicabilità dell’art.2112 c.c. ( mantenimento dei diritti del lavoraore in caso di trasferimento d’azienda) alla successione di imprese nella gestione del medesimo contratto di appalto.
L’impresa che intende negare il trasferimento d’azienda deve dimostrare che nell’organizzazione dell’appalto vi sono “profili di tale novità da interrompere il nesso funzionale di interdipendenza e complementarietà precedentemente sussistente tra i fattori di produzione che consentivano l’esecuzione dell’appalto”.
Tale prova risulta sostanzialmente impossibile per gli appalti che si caratterizzano per una prevalenza dell’attività di lavoro delle persone rispetto ai mezzi impiegati (c.d. labour intensive). Se tutti i lavoratori impiegati nell’appalto passano abitualmente all’impresa subentrante, è pressoché inevitabile che vi sia continuità tra i fattori di produzione che consentivano l’esecuzione del contratto prima e dopo il cambio di appaltatore.
In tal caso, si configura un trasferimento di ramo d’azienda, per assenza dell’elemento di discontinuità nell’esecuzione del contratto d’appalto prima e dopo il cambio di datore.
L’ art. 2112 c.c recita: ” In caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano. Il cedente ed il cessionario sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento.
In tal caso, perciò, invocando l’art. 2112 c.c, i lavoratori hanno potuto far valere le differenze retributive maturate alle dipendenze dei precedenti appaltatori davanti al loro nuovo datore.