Delitto consumato e delitto tentato
Per capire la problematica esposta di seguito, partiamo dall’analisi della differenza tra delitto tentato e delitto consumato
Per reato perfetto si intende il reato consumato ovvero quello progettato dall’agente e dallo stesso portato a termine.
Il delitto tentato, invece, si realizza sia quando la condotta criminosa dell’agente non è stata portata a termine (tentativo incompiuto) sia quando la condotta, pur essendo stata portata a termine, non ha ottenuto il risultato sperato dall’agente (tentativo compiuto).
Art 56 c.p. (Delitto tentato).
“Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica.
Il colpevole di delitto tentato è punito: con la reclusione da ventiquattro a trenta anni, se dalla legge è stabilita per il delitto la pena di morte, con la reclusione non inferiore a dodici anni, se la pena stabilita è l’ergastolo, e, negli altri casi con la pena stabilita per il delitto, diminuita da un terzo a due terzi.
Se il colpevole volontariamente desiste dall’azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscano per sé un reato diverso.
Se volontariamente impedisce l’evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato, diminuita da un terzo alla metà.”
La vicenda
In una sera di maggio, a scatenare la furia dell’uomo prima che iniziasse il turno di lavoro, fu il fatto che la moglie avesse scoperto il suo flirt virtuale, via chat, con un’altra donna, di origini pugliesi, conosciuta esclusivamente in Rete.
La moglie glielo rinfacciò pretendendo risposte, dopo essere stata chiamata, alcune ore prima, dal marito della signora (“amante virtuale” del marito) per un confronto.
L’ex guardia giurata a quel punto avrebbe agito come di solito faceva, con insulti e con violenza. Afferrò la moglie con la mano sinistra sollevandola da terra e spingendola contro il muro e con la mano destra le avrebbe tappato la bocca impedendole di gridare.
La poszione della Corte di Cassazione
Un marito che prende per il collo la moglie, dopo averla spinta verso il muro, deve rispondere di tentato omicidio e non soltanto di maltrattamenti o lesioni, anche se non ci sono ferite.
Lo afferma la Corte di Cassazione che ha confermato la condanna a dieci anni per un uomo che, pur avendo ammesso di avere usato violenza sulla donna, aveva impugnato la sentenza di secondo grado tentando di dimostrare di non avere mai provato a ucciderla. Per i giudici però a contare sono i “potenziali effetti dell’azione”.
La Corte ha respinto la difesa dell’uomo: “La scarsa entità (o anche l’inesistenza) delle lesioni provocate alla persona offesa – scrivono i giudici – non sono circostanze idonee a escludere di per sé l’intenzione omicida.