Esaminiamo ora la problematica del termine essenziale. Esso è causa di risoluzione di diritto del contratto: ciò significa che, al suo verificarsi, l’accordo si scioglie senza dover ricorrere alla pronuncia giudiziale. È ammesso però il ripensamento, purché sia manifestato entro tre giorni.
Risoluzione del contratto: cos’è?
La risoluzione è il rimedio che la legge concede a chi, pur avendo rispettato i propri impegni, non ha più interesse a proseguire il rapporto per via dell’inadempimento altrui.
Per legge, chi chiede la risoluzione del contratto ha sempre diritto anche al risarcimento dei danni.
La parte non inadempiente non è comunque obbligata a chiedere la risoluzione: potrebbe chiedere anche l’adempimento, fatta sempre salva l’azione di risarcimento dei danni.
Risoluzione contrattuale: come si ottiene?
Il presupposto per poter ottenere davanti al giudice la risoluzione è l’inadempimento grave. Infatti, qualora l’inadempimento fosse di scarsa importanza, non potrebbe essere esperita vittoriosamente l’azione di inadempimento. Facciamo l’esempio di un inadempimento di natura non grave: il mancato pagamento di pochi centesimi o il ritardo di un solo giorno potrebbero non giustificare lo scioglimento.
Questo accertamento non è dovuto solamente in due casi:
- se le parti hanno individuato sin dall’inizio l’obbligazione che, se violata, costituisce un grave inadempimento che giustifica la risoluzione contrattuale. E’ questo il caso della clasuola risolutiva espressa.
- se una delle parti non rispetta un termine che doveva ritenersi essenziale per l’altra. È il caso dell’atelier che non riesce a preparare l’abito da sposa per il giorno delle nozze.
Che cos’è il termine essenziale del contratto?
Il contratto si risolve di diritto quando contiene un termine essenziale, cioè quando il termine fissato per la prestazione di una delle parti deve considerarsi fondamentale nell’interesse dell’altra. L’essenzialità del termine sta a significare che la prestazione sarebbe inutile se eseguita in ritardo. In questo caso il contratto si risolve automaticamente, anche senza l’intervento del giudice e anche se la parte non inadempiente non comunica la propria volontà di sciogliere l’accordo. Se invece il creditore vuole esigere comunque la prestazione, deve darne notizia entro tre giorni alla controparte.
L’essenzialità può essere oggettiva, ossia derivare dalla natura del termine stesso e dalle modalità della prestazione oppure soggettiva, quando è espressamente o tacitamente convenuta dalle parti.
Inoltre giova segnalare che la parte inadempiente, quando il contratto non è molto chiaro nell’individuare la prestazione sotto termine essenziale, potrebbe opporsi alla risoluzione.
Spetta al giudice,infatti, stabilire se possa parlarsi di risoluzione per mancato rispetto del termine essenziale.
A tal proposito la Corte di Cassazione ha stabilito che “L’accertamento dell’essenzialità del termine per l’adempimento costituisce un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito – la cui valutazione è insindacabile in sede di legittimità, se sorretta da una motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici – da condurre, oltre che alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti (quale, ad esempio, “entro e non oltre”), tenendo soprattutto conto della natura e dell’oggetto del contratto”.
Per approfondimenti, si veda:
https://www.altalex.com/documents/altalexpedia/2016/04/13/termine-essenziale