La sentenza 3 luglio 2024, n. 26115 della Corte di Cassazione pone l’accento sul fatto che il reato di bancarotta per distrazione può essere annullato con una attività di segno opposto, volta a reintegrare il patrimonio nello status quo ante per non nuocere ai creditori.
I giudici di merito avevano considerato la mera disgregazione del patrimonio del debitore come integrante l’elemento materiale della bancarotta, perchè di per se stesso integrante un vulnus ai creditori del fallito.
Inoltre, quanto all’elemento soggettivo, un semplice dolo generico era sufficiente a configurare la fattispecie del reato. Non l’intenzione di alienare i beni con il fine di pregiudicare i creditori, ma fu bastevole la semplice consapevolezza di poter arrecare danno ai creditori per far scattare la bancarotta per distrazione.
Ricorreva in Cassazione il consigliere della società, lamentando un vizio di motivazione della ricostruzione del giudice di secondo grado. Il patrimonio era stato alienato con la finalità riepansiva dell’oggetto sociale oltre i confini nazionali e, alla data del fallimento, residuavano ancora cespiti attivi cospicui per pagare i creditori.
La Corte accoglieva le pretese del ricorrente, sul presupposto che l’attività di riparazione di segno contrario al pregiudizo arrecato al creditore elimina l’offensività del fatto. Sia chiaro, non è sufficiente la restituzione del singolo bene, ma si deve ripristinare lo status del patrimonio precedente al falliemnto per elidere il pregiudizio aarrecato ai creditori. Questa condotta riparativa elimina ogni offensività del reato di bancarotta per distrazione che si ritiene non configurabile.