Una s.a.s. si occupa di attività alberghiera e il socio accomandatario conclude un contratto di cessione d’azienda con una s.r.l. Agendo in tal guisa, l’oggetto sociale della s.a.s. viene svuotato e la società si trova in uno stato di liquidazione di fatto, essendo impossibilitata a proseguire la propria attività. I soci accomandanti contestano la validità del contratto, ma l’amministratore si oppone eccependo la loro mancanza di legittimazione ad agire.
Il singolo socio dispone della legittimazione attiva per impugnare un atto esterno della società (come la cessione d’azienda)?
La Corte di Cassazione, Sezione I, con l’ordinanza 13 giugno 2024, n. 16504, precisa che io socio che non sia amministratore non può impugnare un atto avente rilevanza esterna compiuto dall’amministratore (come nella specie un contratto di cessione d’azienda). Egli, invece, gode di piena legittimazione ad agire per far rilevare eventuali vizi che inficiano la validità degli atti endosocietari (atti a rilevanza interna). Tale principio, però, non è assoluto. Infatti, nella fattispecie in esame, l’amministratore ha posto in essere un atto abnorme e i soci non si sono limitati a contestare la validità del negozio, ma hanno dedotto che, per effetto della cessione d’azienda, la società sia rimasta inattiva e svuotata della capacità di perseguire il proprio unico oggetto sociale. In ragione di ciò, i soci godono della legittimazione attiva ad impugnare il negozio con il quale l’amministratore ha compiuto un atto abnorme diretto ad impedire alla società di continuare ad operare.
Secondo i giudici di legittimità:
- «ciò che, quindi, le due socie impugnanti hanno dedotto in lite non è, a ben vedere, la validità del contratto di cessione di azienda nei suoi rapporti con i terzi stipulanti, bensì la ricaduta endosocietaria che tale scelta gestionale ha avuto in relazione alla prosecuzione dell’attività della società di cui erano socie la connessa violazione del riparto di competenze tra gli organi della società medesima»
Ogni socio è legittimato ad impugnare un atto che sia espressione di una condotta “abusiva” dell’amministratore rispetto ai doveri che discendono dalla sua carica. La declaratoria di nullità del contratto è strumentale al recupero dei beni facenti parte dell’azienda indebitamente ceduta e al proseguimento dell’attività.