Nuova flat tax per i super ricchi, l’innalzamento della soglia per i “paperoni” da 100 mila euro a 200 mila euro sui redditi prodotti all’estero. Conviene veramente?
Sono ormai centinaia i cosiddetti super-ricchi che hanno trasferito la loro residenza fiscale nel Paese per poter godere di quella che è definita flat tax, ma che in realtà è una imposta non progressiva ma fissa sui redditi prodotti all’estero: 100mila euro all’anno su tutti i redditi maturati all’estero nei nove anni precedenti il trasferimento.
Approvato dal Consiglio dei ministri del 7 agosto 2024, il Decreto Omnibus di agosto recante “Misure urgenti di carattere fiscale, proroghe di termini normativi ed interventi di carattere economico”, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 186 del 9 agosto 2024.Il decreto legge approvato in CdM ha introdotto una modifica significativa al regime fiscale per i neo-residenti, specificamente per coloro che trasferiscono la loro residenza fiscale in Italia e possiedono redditi prodotti all’estero. L’imposta sostitutiva, comunemente nota come flat tax, è stata raddoppiata da 100.000 a 200.000 euro all’anno.
Tuttavia, questa decisione riguarda i trasferimenti di residenza effettuati successivamente all’entrata in vigore del decreto, mantenendo l’aliquota precedente per coloro che avevano già trasferito la loro residenza in Italia.
Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha confermato che il raddoppio della flat tax mira a limitare le strategie di pianificazione fiscale degli ultra-milionari, un tema discusso anche nei forum internazionali come il G20 e il G7. L’obiettivo è evitare una competizione fiscale dannosa per paesi con spazi fiscali limitati come l’Italia. La nuova imposta sarà dovuta a partire dal prossimo anno fiscale, con effetti concreti osservabili dal 2025, poiché la residenza fiscale richiede almeno 184 giorni di permanenza in Italia entro la fine di giugno per essere riconosciuta per l’anno fiscale in corso.
La novità sta suscitando critiche ed elogi. Chi attacca sul terreno dell’equità sostenendo che essa finisca per aumentare le disuguaglianze e chi invece ritiene che possa produrre nuove entrate erariali.